Tutti siamo attratti irresistibilmente dalle città antiche.

 

 

Eppure se guardiamo oggi le nostre città, queste sono informi non hanno più confini, una volta le mura erano un vincolo fisico all'espansione delle città, oltre che una protezione dai nemici, ma nell'800 queste iniziano ad essere abbattute e l'espansione urbana non ha più avuto limiti.

 

Basta guardare una foto dell'Italia dal satellite durante la notte per vedere come ormai il tessuto urbano si estenda senza più regole, senza alcun disegno che ne guidi lo sviluppo e ne definisca la forma.

 

 

Lo stesso vale per la morfologia urbana, dove edifici si susseguono gli uni agli altri senza definire le strade e le piazze, gli spazi pubblici che sono l'anima della città, gli spazi vitali, di incontro e socializzazione.

 

Eppure nel 1922 Le Corbusier illustrava i punti principali della sua città modello. Essa si basa essenzialmente su una attenta separazione degli spazi: gli alti grattacieli residenziali sono divisi gli uni dagli altri da ampie strade e lussureggianti giardini. Le Corbusier destina alle grandi arterie viarie il traffico automobilistico privandolo della presenza dei pedoni, garantendo così alte velocità sulle strade. Ai pedoni è restituita la città attraverso percorsi e sentieri tra i giardini e i grandi palazzi.

Nel 1933 queste sue idee vengono meglio sviluppate nel capolavoro teorico del progetto della Ville Radieuse, «La città di domani, dove sarà ristabilito il rapporto uomo-natura!». Qui si fa più marcata la separazione degli spazi: a nord gli edifici governativi, università, aeroporto e stazione ferroviaria centrale; a sud la zona industriale; al centro, tra i due lati, la zona residenziale. Il centro viene decongestionato dall'odiata giungla d'asfalto e solo il 12% di superficie risulta coperta dagli edifici residenziali, che si sviluppano in altezza destinando al verde tutte le altre zone. La ferrovia circonda ad anello la città, restando in periferia, mentre le arterie viarie hanno uscite direttamente alla base dei grattacieli residenziali dove sono situati i parcheggi; le autostrade sono rialzate rispetto al livello di base dai pilotis; i trasporti urbani si sviluppano in reti metropolitane sotto la superficie

L'intento è di dimostrare l'inadeguatezza della città attuale rispetto alle necessità dell'uomo contemporaneo, egli afferma: “bisogna uccidere la strada-corridoio”. La strada, la più antica invenzione urbana dell'uomo.

 

 

Piero Bottoni, pur contemporaneo al grande maestro svizzero, scrive “La città è come il corpo, il luogo delle diverse funzioni degli organi che la compongono e deperisce o si dissolve come quello, quando una o più funzioni deperisce o scompare”.

 

Quando si dedica al disegno urbano, come nel QT8, Bottoni anticipa i tempi immettendo, con il Monte Stella l’invenzione del paesaggio nel progetto di città. Un’altra costante è l’attenzione all’armatura relazionale della città: gli spazi aperti pubblici. Ogni suo organismo architettonico sa dialogare con la strada, confermandola e insieme mostrandone possibili evoluzioni.

 

Facendo del tema della «strada vitale» il cardine del suo lavoro di architetto e di urbanista, egli supera così talune semplificazioni razionaliste anticipando le proposte che Jane Jacobs esporrà nel 1961 in The Death and Life of Great American Cities.

 

La città abitabile non è quindi inconciliabile con una città aggiornata nelle sue strutture economiche. La telematica può convivere con il chiostro. Ma ad un patto: “che a guidare la trasformazioni degli spazi sia il sentimento dell'abitare”.